Sondrio, Tirano, camminare sul fondo

La Valtellina è una ferita tracciata dall’Adda, scava tra Alpi e Prealpi. Grazie al fiume il clima si scioglie ed è possibile il vino. Mi ha detto un amico che messi in fila i vigneti che segnano i fianchi della valle, e i prati, coprono una distanza da Roma a Berlino. Non so se è vero ma visti dal treno i terrazzamenti fanno impressione, sono idee filiformi di viandanza, mosaici di coltivazioni centimetrate difficilissime da guardare (saturano, impattano, disturbano che è una meraviglia). Dalle cime che li sovrastano alcune chiese a picco sulla valle, minuscoli paesi.

Così, in basso, al livello del fiume, si coagulano alcune cittadine. Ho visto Sondrio e Tirano. A Sondrio per una Piazza (Garibaldi) e scale corte si arriva al castello: la vista lì riguarda tetti antichi (la torre civica grandiosa) maculati da palazzi nuovi fatiscenti. Un anacronismo, schiena alle Alpi. A Tirano – sono pochi minuti dalla Svizzera, affacciandosi ad alcuni valichi se ne respira già l’odore – una strada larga collega l’Adda al Santuario: c’è un organo ligneo che non si può descrivere, una piazza, un cielo plumbeo perfetto (oggi). Sono città rasoterra, si vivono dal basso, si calpestano. Le vette bianche e i vigneti sono cornici nel senso che da qui in qualche modo non ci si allontana: o calpesti, stai dentro, o si evapora. Varcato il confine della valle, rivisto il lago dopo Colico, è tutto già inghiottito da una dimensione che non torna.