L’altro giorno ascoltavo “Mercurial world” dei Magdalena Bay – uscito poche settimane fa – e riflettevo sull’estetica pop si è costruita negli ultimi anni. Il disco possiamo definirlo synth pop, ma di una specie che ingloba al contempo energie crude, di matrice rockettara, ed altre ipnotiche e vaporose, unendole in un flusso di cromatismi assieme intricato e liquido.
Ecco, il passaggio dal “material world” di Madonna al mondo mercuriale dei Magdalena Bay mi sembra paradigmatico per capire quale evoluzione interna al consumismo si sia verificata negli ultimi anni. Da una parte la rivendicazione individuale che coincide però con la presa d’atto della comprabilità del mondo; dall’altra una strana forma di misticismo che non nega il mondo come materia e merce, eppure ne coglie la fluidità, la febbre, qualcosa che c’è ma si modifica in base al calore. Come il mercurio.
Sicuramente mi influenza anche la recente lettura di Iperoggetti di Morton. Ma se collego quel libro a Mercurial World, alla trap, alla vaporwave, al ritorno della moda dell’oroscopo e delle pietre e dei primi 2000, all’hyperpop, a Olivia Rodrigo che ha un miliardo di ascolti su Spotify ma se chiedi per strada non la conosce nessuno… rintraccio una linea. E cioè che il nostro è un wagnerismo senza Wagner o un barocco senza Chiesa. Come se fossimo certi e consapevoli della realtà in quanto dialettica dei consumi, ma non in grado di avvicinarci effettivamente alla sua sostanza. L’estetica degli ultimi 5-6 anni è al massimo intuirne una forma provvisoria, di quella sostanza, l’odore o una lieve alterazione della temperatura.
