Libro, tempo-che-si-ha, tempo-che-si-è

Il libro è uno strumento anacronistico. È pensato per un’epoca che non è la nostra, perché richiede una disposizione e un tempo che solo a forza possiamo far rientrare nel sistema industriale e post-industriale.
Da qui l’assurdità delle 190 novità interessanti di inizio anno che annuncia Il Libraio: nel momento in cui entriamo nella logica del tempo che si accumula o si perde, fondamentalmente nel tempo-che-si-ha, il libro esce dal gioco.
Da qui, anche, l’incapacità strutturale della carta di raggiungere l’efficacia del video, cioè dei film e delle serie TV, ma anche dello schermo in generale: perché dovrei leggere per settimane un libro che mi racconta una storia se posso guardare un film e conoscere la stessa storia in un decimo del tempo? Perché devo leggermi una poesia che mi confessa gli affanni di qualcuno se posso ascoltare gli affanni di qualcuno su YouTube? La repulsione alla lettura non avviene perché la gioventù bruciata non vuole seguire le vecchie buone abitudini, ma perché non ha oggettivamente senso (a come stanno le cose, cioè nel tempo-che-si-ha) fare in venti ore una cosa che posso fare in venti minuti.

E allora che fare? È chiaro che non si tratta di ristabilire l’aura pre-baudelairiana del libro: l’epoca nostra è questa, e romanticizzare passatisticamente quello che è stato non serve a niente.
Ciò che serve, invece, è battere sullo specifico del libro. Lo specifico del libro quanto al testo è l’inclinazione del linguaggio: non posso competere con la tridimensionalità e la rapidità del cinema se voglio semplicemente “dire”; devo perciò espandere il dire, ovvero dire evidenziando il dire, dire male, dire e non-dire insieme, ridire, sottrarre facendo emergere un vuoto, eccetera. Questo può farlo solo il libro.
Lo specifico del libro quanto al contesto è invece proprio l’anacronismo, in senso letterale e quindi profondo: un intruso nell’industria e cioè un fuori tempo nel sistema economico; un oggetto che mi chiede concentrazione e insieme distrazione, attenzione e rinuncia, e cioè che può strapparmi via dal tempo-cronaca anche per mesi.

Insomma, lo specifico del libro è, socialmente ed esistenzialmente, aprire al tempo-che-si-è. A un’irraggiungibilità. Su questo dobbiamo insistere.