Perché Elon Musk ci sta simpatico?

Tra le tipologie di apprezzamenti rivolti a Elon Musk esiste quella che, considerando una serie di aspetti, gli “perdona” l’essere un miliardario. Del tipo: “Sì, è un miliardario, ma non è come gli altri miliardari”. La motivazione che segue, di solito, riguarda o l’origine della sua ricchezza – la vecchia storia del self-made man – o lo stile particolare con cui indossa la sua ricchezza.

Sulla prima motivazione qui non mi soffermo. Magari farò un altro post in merito – ora è sufficiente dire che la mitologia del self-made man, soprattutto in un sistema economico concorrenziale, è esclusivista per natura, si regge sul fatto che sotto l’uomo di successo ne esistono milioni falliti. Qui più che altro mi interessa la seconda motivazione: Elon Musk è un miliardario, ma è simpatico. E siccome è simpatico, gli perdoniamo il suo essere un miliardario.

Ecco, io credo che la simpatia che si può provare verso quest’uomo, le sue uscite irriverenti, le sue bizzarrie, non è altro che il desiderio di libertà che lo schiavo proietta nel suo padrone. SpaceX, la terraformazione di Marte, poi, non sono altro che il vertice di questa immagine di libertà: Musk può sconfiggere la gravità, addirittura, la vita umana per come la conosciamo, e colonizzare il futuro.
Ma Musk – che gioca a comprare Twitter e ci si lancia dentro scriteriato come in una vasca di palline colorate – diverte (e si diverte) perché per tuffarsi nella vasca bisogna salire su un trampolino, un trampolino che solleva al di sopra degli altri, e che consta di 200 miliardi di dollari.

Chiamo questo atteggiamento “anarchia dei re”. La possibilità di agire senza regola propria non di chi vive in un mondo libero, ma di chi (unico fra gli altri) ha la possibilità di ergersi al di sopra della regola. L’affermazione, insomma, del fatto che la ricchezza vince su ogni morale. Non solo: ne fonda una nuova, obbediente solo a sé e santa. In questa santità l’ancora prigioniero – che siamo noi – proietta il suo desiderio di assenza di catene e dunque gode del re che si fa beffe dei principi.

(Se solo capisse che, simpatico o meno, l’esistenza del re è in quanto tale il decreto della sua miseria…)

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