Programma per una complicazione cronica dell’esistenteEpisodio 4 – Fedez alla linea. Dimostrazione attraverso la teoria della termosimbolica

Primo principio della termosimbolica.
Dal momento che la realtà è stata dismessa, dobbiamo immaginare che il luogo delle nostre vite sia l’incrocio di coordinate non geo-grafiche ma simbolo-grafiche. Prendiamo in considerazione un luogo che abbia le seguenti coordinate:
1) Latitudine: mercificazione del gesto
2) Longitudine: spettacolarizzazione del gesto
3) Altitudine: mercificazione della spettacolarizzazione
Il punto che risulta sulla mappa simbolografica dall’incrocio di queste coordinate lo chiameremo per comodità Primo Maggio Televisivo.
Il PMT riguarda il pensiero sul lavoro: dunque è politico. Il PMT ha tuttavia una telecamera: dunque è spettacolo.
Il PMT si dimostra sistema soddisfacente alla prima legge della termosimbolica: «la temperatura simbolica non si crea né si distrugge, ma si trasforma passando da una forma all’altra».
La forma in cui si trasforma stavolta è il PMT stesso, ovvero la messinscena della protesta politica.

Secondo principio della termosimbolica.
All’interno del sistema di riferimento PMT accade un evento. Questo evento si chiama Giusta Denuncia. Il soggetto di questo evento – che chiameremo l’Influente – è codificabile secondo le seguenti caratteristiche: fa della musica; ha molti follower; è compagno di una persona con molti follower; ha molti soldi; è più potente della TV italiana; vive in virtù della propria performance influenzante; obbedisce alla riproducibilità tecnica della propria immagine.
Ripensando alle coordinate simbolografiche, chiedersi ora: la Giusta Denuncia può santificare un Influente? Il messaggio può superare la recita senza la quale l’Influente non esisterebbe? Da quale angolazione è stata filmata la Giusta Denuncia? La Giusta Denuncia ha a che fare con il lavoro? La Giusta Denuncia deve per forza avere a che fare con il lavoro? La Giusta Denuncia è tale a prescindere dal soggetto? La Giusta Denuncia è più efficace se prodotta dall’Influente?
Sia possibile o no rispondere a queste domande, il PMT e la Giusta Denuncia rispondono al secondo principio della termosimbolica: «una volta accaduto dentro il sistema simbolografico, l’evento è irreversibile».

Terzo principio della termosimbolica.
Accaduta la Giusta Denuncia occorre misurare gli effetti. Li elenchiamo:
– Sensibilizzazione al DDL Zan
– Sensibilizzazione ai cappellini con visiera della Nike
– Sensibilizzazione alla politicità degli Influenti
– Sensibilizzazione all’affiliazione social all’Influente
– Sensibilizzazione al PMT come luogo di messinscena di protesta politica
– Sensibilizzazione al dominio del capitale sulle opinioni
– Sensibilizzazione allo sfruttamento dell’Influenza ai fini di una Giusta Denuncia
– Sensibilizzazione alla visibilità come legge etologica fondamentale
L’irreversibilità (secondo principio della termosimbolica) pone questi effetti come definitivi e coesistenti. La Giusta Denuncia guadagna visibilità dall’Influente che guadagna visibilità dalla Giusta Denuncia [prosegue ad libitum] come correttamente prevede il terzo principio della termosimbolica: «non è possibile raggiungere lo zero assoluto in un processo termosimbolico che coinvolga un numero finito di retweet».

Il Primo Maggio Televisivo si dimostra dunque definitivamente un sistema Fedez alla linea della termosimbolica.

Programma per una complicazione cronica dell’esistente. Episodio 3 – Il teatro virale

Prologo.
Continenti: l’esercizio della vita nei continenti tende a ovest. Si può tradurre: lo scambio produzione-consumo sostituisce l’anacronistico giorno-notte; il non-luogo della virtualità è più spazioso e comodo del luogo dell’invecchiamento e delle unghie lunghe; essere se stessi è un intralcio risolvibile con l’essere un account; la parola non è uno strumento segnico ma una sfera di influenza multiplanare.

Scena.
Duemilaventi: l’esercizio della morte proviene da est. Malattia eliodromica: una materia virale infetta un sistema virtuale. L’accadimento non può essere un fatto conchiuso, ma un centro di gravità che deforma lo spazio-tempo della parola.
Cittadini cioè: elaboratori della proto-notizia.
Giornalisti cioè: elaboratori della notizia.
Notizie cioè: elaboratori delle coscienze.
Coscienze cioè: elaboratori degli acquisti.
Acquisti cioè: elaboratori dei giornalisti.
In siffatto sistema (che chiameremo ora Grande Happening), immaginarsi l’inoculazione della salvezza nei popoli: l’approvvigionamento dei beni diviene performance dell’acquisto; l’istruzione diviene performance della spettralità; la vita diviene performance delle tachipirine.
Sostengono: la colpa è di chi esce; la colpa è di chi sta in casa; la colpa è dei governi; la colpa è dei giornalisti; la colpa è dei cinesi; la colpa è nostra, razza da spazzare; la colpa è di Bill Gates; la colpa è di Bugo.
Nel Grande Happening contemporaneamente: il virus uccide e il vaccino salva; il vaccino uccide e il virus salva; i giornalisti hanno ragione (che possono fare se non informare?); i lettori hanno ragione (che possono fare se non disobbedire?); i governi hanno ragione (che possono fare se non governare?); il virus ha ragione (che cosa può fare se non infettare?); il vaccino ha ragione (che cosa può fare se non iniettare?); AstraZeneca ha ragione (che cosa può fare se non testare?); gli uomini hanno ragione (che cosa possono fare se non vivere?).
Sono tutte notizie riportate dai media con puntualità ed etica professionale.

Epilogo.
Hanno tutti ragione. Il Grande Happening ha trasformato finalmente la realtà occidentale nel suo avatar supremo: il teatro virale. Ora tutto è teatro e non può che essere teatro: realtà e contemporaneamente finzione, l’uscita dal binomio tra realtà e finzione. Giustamente, a questo punto, conviene tenere i teatri reali chiusi (corrente, riscaldamento, pulizia: dispendioso).
L’attendibilità è del resto un paradigma novecentesco. La ricerca dei responsabili è addirittura medievale, e perciò del tutto superflua: gli individui sono infatti ora dissolti in una monade teatrale che chiameremo il Meme. Vivremo all’ombra della distorsione parodica di noi stessi.
In via precauzionale, nei secoli dei secoli.
Amemen.

[Pubblicato anche su utsanga]

Programma per una complicazione cronica dell’esistente. Episodio 2 – Come sbarazzarsi di Chiara Ferragni e visto che ci siamo anche degli Uffizi

Fase uno. L’esplosione della didattica.
Partire da una constatazione obiettiva: c’è il docente e c’è il discente. La linea che li lega è unidirezionale: dal docente al discente. Valutare ora la palese non obiettività di questa constatazione. Esempio pratico: un museo esiste, dunque espone, dunque si propone docente. Quali canali segue l’attenzione del discente? Quale arma è abbastanza affilata per mozzare le interpretazioni y, z, k… in favore delle interpretazioni x(1), al più x(2)? Quale criterio d’interesse sovrappone la planimetria e i segnali verdi dell’uscita alla deambulazione?
Data per acquisita l’indimostrabilità teorica della didattica, misurarne le possibili finalità pratiche:
1) Avvicinare pubblico al museo. Dunque rendere il museo appetibile. Dunque trasformarsi in brand. Dunque vendere – rigorosamente all’uscita – cartoline, calendari, calzini col David di Michelangelo, lattine di Fanta. Se il budget consente, assumere prima un social media manager ganzo (tenere presente una possibile consulenza da parte della Treccani), dunque Chiara Ferragni. Trend Instagram alle stelle. Trend Twitter alle stelle. Della Venere di Botticelli si vede appena un capello: outfit discutibile.
2) Allontanare pubblico dal museo. Non è forse la democrazia la vittoria degli imbecilli? Non è forse l’orfismo l’unica concezione densa dell’arte? Licenziare, qualora assunto, il social media manager ganzo (Treccani potrebbe richiedere comunque il risarcimento della consulenza); disiscriversi da facebook. Ora Botticelli si vede tutto. Ora è salva l’arte dalla squalificazione. Ora certamente l’Accademia; e corridoi silenziosi.
Accertata l’impraticabilità di entrambe le soluzioni, passare alla fase due.

Fase due. Andy Warhol e altri profeti.
Guardare Essi Vivono di Carpenter (potrebbe non esserci su Netflix: in ogni caso, siate prudenti). Esistono i messaggi autentici? Non è forse il Colosseo una moneta da cinque centesimi? Cercare Monte Fuji su Google immagini: quello è il Monte Fuji, la sua riproducibilità tecnica. Non pervenute testimonianze oculari del Monte Fuji. Il Giappone è un’invenzione di Marco Polo.
Per ulteriore approfondimento e aderenza ai fatti recenti, passare al setaccio anche tutte le pubblicità in periodo Covid, le canzoni di Elisa, le t-shirt Infermieri-Superman e la rampante neo-industria estetica delle mascherine.
Assicurata la brandizzazione del cosmo, mescolare (potete aiutarvi con un frullatore a immersione) Chiara Ferragni, Fedez, gli Uffizi, i social network, Botticelli, tutti i manuali di Storia dell’arte moderna I, un telecomando. Ne verrà fuori una poltiglia di immagini serializzate con colori fluo del tutto non aderenti alla realtà.
Avete scoperto Andy Warhol.
Cambiate canale.
Obey.

Fase tre. L’abolizione dell’apprendimento.
Confrontare la didattica e gli influencer. Testarne eventuali sovrapposizioni, intersezioni, compatibilità epistemologiche, etiche e aziendali. Per concludere, incendiare alla base la cattedrale dell’apprendimento (non preoccupatevi, verrà comunque ricostruita molte volte nei prossimi secoli). Alcuni combustibili efficaci: l’autonomia del pensiero; la letteratura; il napalm.
Progettare un’archeologia che ricostruisca le componenti base delle macerie appena ottenute, quali: l’impossibilità dell’unidirezionale; la spendibilità social di ogni momento; il prezzo della Ferragni; il prezzo di Botticelli; il prezzo del tuo tempo; non meglio identificato materiale ligneo.
Sbarazzarsi di tutto secondo un ferreo rispetto della raccolta differenziata.
Per lasciare testimonianze ai posteri, filmare tutto in vista della prossima storia Instagram.

Programma per una complicazione cronica dell’esistente. Episodio 1 – Guida pratica per il disorientamento totale sulla questione Montanelli

Fase uno. L’estetica etica.
Considerare la sovrapposizione di due paradigmi: la possibilità di valutare il fatto secondo l’ordine dell’intensità e della qualità artistica; la possibilità di inserirlo in una gerarchia di valori morali. Definire la qualità artistica; dunque i valori morali. Calcolare le intersezioni con gli assi (se l’estetica può ridursi a zero; se l’etica può ridursi a zero), gli asintoti, i limiti, i coefficienti angolari.
Generare domande: l’artista è tale se stupratore? Lo stupratore è tale se artista? L’estetica monda l’etica? È possibile sovrapporre i due paradigmi? È possibile giudicarli separatamente? Non rispondere. Valutare caso per caso – ci vuole un microscopio professionale – i seguenti exempla: Burzum, Caravaggio, Kipling, Cellini, Churchill, Heidegger, Manson, Pound, ∞

Fase due. Urbanistica, toponomastica et al.
Misurare con la maggior precisione possibile il senso della storia. Non trascurare i seguenti fenomeni: l’orientamento della celebrazione, l’orientamento della demistificazione, la geografia del monumento, la polvere, la distanza del presente dal passato, la distanza del presente dal presente, la plausibilità del futuro immaginato. Per comodità, dividere gli interrogativi in due macrosettori: correlazione tempo-politica-toponomastica (dove finisce la politica e comincia l’archeologia?); correlazione moralità-celebrazione (è possibile celebrare il tutto per la parte? L’uomo intero per il giornalista? È possibile condannare il tutto per la parte? L’uomo intero per lo stupratore?). Considerare di nuovo il valore del tempo (l’EUR, le strade che portano al Colosseo). Considerarlo una terza volta (l’Unesco). Progettare una statua. Abbatterla. Chiedersi se l’abbattimento della statua non sia una monumentalizzazione dell’assenza della statua. Ripetere il procedimento ad libitum.

Fase tre. Come si agisce.
Progettare una mobilitazione politica che risponda a questa domanda: che fare? Modificare vs restaurare.
Ma una modifica può essere anche dimenticare i fatti.
Ma un restauro può essere anche ridare vita a un simbolo morto.
Leggere molti quotidiani. Inserire la mobilitazione in una chiave di contesto più ampio, capirne le ragioni, i capri espiatori, le distrazioni di massa, le rivendicazioni autentiche. Cominciare a bruciare tutti i quotidiani, anche i non letti. Dare un ordine alle priorità politiche. Chiedersi se esistano le priorità politiche. In ogni caso, prima di lanciare la vernice, agitare bene.