Recensioni e criteri

Credo che una recensione debba sempre esplicitare i criteri con cui studia, quindi valuta, un testo. O, se lo spazio è ristretto (come di solito e comprensibilmente è, su internet), fare almeno in modo che quei criteri siano implicitamente riconoscibili.

Spesso invece, anche sui giornali, mi capita di leggere questi due tipi di recensioni:
– il tipo autobiografico, che riporta momenti, modi, sensazioni che hanno caratterizzato l’incontro tra il recensore e l’opera in questione (o anche tra il recensore e l’autore dell’opera)
– il tipo apodittico, che vuole sottolineare la riuscita di un testo attraverso aggettivi, superlativi, evidenze che evidenti non sono

Ora, il primo tipo è un genere del tutto rispettabile, che può avere anche una valenza culturale (ad esempio quando un autore riconosciuto parla di un altro riconosciuto), ma è qualcosa che appartiene più alla narrativa che alla critica. O alla memorialistica. Il secondo invece procede per affermazioni decise ma soggettive, inconfutabili in quanto non verificabili, e dunque inutili.

In entrambi i casi insomma (e nel secondo più che nel primo) mi sembra che il lettore non guadagni nessuno strumento, o quasi, che possa aiutarlo nella decifrazione del testo. E se è vero che recenseo vuol dire esaminare, dunque essere aderenti all’oggetto, quelle semplicemente non sono recensioni.