
Intervista rilasciata a Carlo De Sanctis per XL

Critica, scritture, mondo.
Una vittoria della destra significa sempre una vittoria dell’irrazionale, della difesa nevrotica di presunti confini (siano geografici o patrimoniali o antropologici), quindi di una popolazione in qualche modo sfiancata che si rassicura nelle gerarchie di questi schematismi.
È perciò una sconfitta sociale, più che elettorale. Occorre infatti vedere le elezioni come una rappresentazione e non come una finale di calcio; e tale rappresentazione disegna ancora una massa enorme di sfiduciati nella politica in quanto tale e una più ristretta che risolve la sua insofferenza nel securitarismo machista della destra.
Questa occasione, quindi, valga almeno come sprone per un ricompattamento della sinistra, che deve lavorare sullo smarrimento degli astenuti e sull’irrazionalismo degli infatuati. E cioè deve, oggi più che mai, insistere sui suoi punti forza, sui suoi specifici metodi: la lotta e la ragione critica.
Credo che una recensione debba sempre esplicitare i criteri con cui studia, quindi valuta, un testo. O, se lo spazio è ristretto (come di solito e comprensibilmente è, su internet), fare almeno in modo che quei criteri siano implicitamente riconoscibili.
Spesso invece, anche sui giornali, mi capita di leggere questi due tipi di recensioni:
– il tipo autobiografico, che riporta momenti, modi, sensazioni che hanno caratterizzato l’incontro tra il recensore e l’opera in questione (o anche tra il recensore e l’autore dell’opera)
– il tipo apodittico, che vuole sottolineare la riuscita di un testo attraverso aggettivi, superlativi, evidenze che evidenti non sono
Ora, il primo tipo è un genere del tutto rispettabile, che può avere anche una valenza culturale (ad esempio quando un autore riconosciuto parla di un altro riconosciuto), ma è qualcosa che appartiene più alla narrativa che alla critica. O alla memorialistica. Il secondo invece procede per affermazioni decise ma soggettive, inconfutabili in quanto non verificabili, e dunque inutili.
In entrambi i casi insomma (e nel secondo più che nel primo) mi sembra che il lettore non guadagni nessuno strumento, o quasi, che possa aiutarlo nella decifrazione del testo. E se è vero che recenseo vuol dire esaminare, dunque essere aderenti all’oggetto, quelle semplicemente non sono recensioni.
Sul canale YouTube del Centroscritture la registrazione integrale della presentazione de Lo spettro visibile alla Terrazza Villani di Roma.
Carlo Tosetti, poi, scrive del libro su L’EstroVerso.
Su Grado Zero scrivo del romanzo di Simone Cerlini.
Altra critica letteraria qui.
È uscito il nuovo libro di Marco Palladini, Via memoriae / Via crucis, per gattomerlino. Ne ho curato la prefazione.
Altra critica si può leggere qui.
Su Critica integrale Francesco Muzzioli scrive dello Spettro. Si legge qui.
Su Grado Zero c’è un mio pezzo sull’ultimo libro di Ivan Ruccione.
Infine su Margutte estratti dal Taccuino della cura di Sonia Caporossi, più un passo della mia postfazione.
Escono oggi su Arcipelago Itaca blo-mag, Numero 37, alcuni estratti dall’ultimo libro.
È fuori inoltre Spara Jurij #12.
Altra poesia qui, Lo spettro visibile qui e Spara Jurij qui.
Ieri per Poesia del nostro tempo è andata in onda la terza puntata di Dialoghi, con Carlo Bellinvia e Adriano Cataldo.
Altri discorsi invece qui.