Destra irrazionale e sconfitta sociale

Una vittoria della destra significa sempre una vittoria dell’irrazionale, della difesa nevrotica di presunti confini (siano geografici o patrimoniali o antropologici), quindi di una popolazione in qualche modo sfiancata che si rassicura nelle gerarchie di questi schematismi.

È perciò una sconfitta sociale, più che elettorale. Occorre infatti vedere le elezioni come una rappresentazione e non come una finale di calcio; e tale rappresentazione disegna ancora una massa enorme di sfiduciati nella politica in quanto tale e una più ristretta che risolve la sua insofferenza nel securitarismo machista della destra.

Questa occasione, quindi, valga almeno come sprone per un ricompattamento della sinistra, che deve lavorare sullo smarrimento degli astenuti e sull’irrazionalismo degli infatuati. E cioè deve, oggi più che mai, insistere sui suoi punti forza, sui suoi specifici metodi: la lotta e la ragione critica.

Recensioni e criteri

Credo che una recensione debba sempre esplicitare i criteri con cui studia, quindi valuta, un testo. O, se lo spazio è ristretto (come di solito e comprensibilmente è, su internet), fare almeno in modo che quei criteri siano implicitamente riconoscibili.

Spesso invece, anche sui giornali, mi capita di leggere questi due tipi di recensioni:
– il tipo autobiografico, che riporta momenti, modi, sensazioni che hanno caratterizzato l’incontro tra il recensore e l’opera in questione (o anche tra il recensore e l’autore dell’opera)
– il tipo apodittico, che vuole sottolineare la riuscita di un testo attraverso aggettivi, superlativi, evidenze che evidenti non sono

Ora, il primo tipo è un genere del tutto rispettabile, che può avere anche una valenza culturale (ad esempio quando un autore riconosciuto parla di un altro riconosciuto), ma è qualcosa che appartiene più alla narrativa che alla critica. O alla memorialistica. Il secondo invece procede per affermazioni decise ma soggettive, inconfutabili in quanto non verificabili, e dunque inutili.

In entrambi i casi insomma (e nel secondo più che nel primo) mi sembra che il lettore non guadagni nessuno strumento, o quasi, che possa aiutarlo nella decifrazione del testo. E se è vero che recenseo vuol dire esaminare, dunque essere aderenti all’oggetto, quelle semplicemente non sono recensioni.

Critica integrale, Margutte, Grado Zero

Su Critica integrale Francesco Muzzioli scrive dello Spettro. Si legge qui.

Su Grado Zero c’è un mio pezzo sull’ultimo libro di Ivan Ruccione.

Infine su Margutte estratti dal Taccuino della cura di Sonia Caporossi, più un passo della mia postfazione.

Altra critica si legge qui, altre cose sul libro qui.