L’astero rosso, Minima Poesia, LMPA

Su L’astero rosso alcuni testi tratti dallo Spettro visibile accompagnati da alcune mie foto. Inoltre è disponibile il numero 1 di minima poesia, dove compare il miniciclo galera (da cui è nato anche questo video).

Intanto La morte per acqua è anche su Instagram.

Altre poesie qui, altri video qui.

Instagram e l’asfissia

Un’altra caratteristica di Instagram – ebbene sì: averlo, adesso, non mi farà cambiare idea; anzi, finora solo conferme – è che si tratta di un luogo tremendamente asfittico.

Al netto dei suoi problemi (che ha, è chiaro, come tutti i social), Facebook è un ambiente di gran lunga più abitabile, con la possibilità che offre di creare nicchie, community, gruppi di discussione, thread e subthread nei commenti, e così via.

Con i pochi spazi che apre (home, reels, storie, profilo) e anche con la costruzione della home come flusso ininterrotto (post non separati e commenti relegati a un angolo: nei primi momenti facevo davvero fatica a distinguere un contenuto dall’altro), Instagram è invece una sorta di monolocale con balcone, dove passi senza tregua dalla sedia al divano.
Un posto fatto per sbatterti in faccia l’algoritmo, altroché; e non rendersene conto è davvero difficile.

“Lirica e ricerca” su lay0ut, Spore a Tivoli, Instagram

Due cose successe ieri: su lay0ut magazine, è uscito il mio articolo (matto e disperatissimo) Lirica e ricerca. Appunti per una teoria del tutto poetico (per altri articoli di critica e teoria, vedi qui); sull’Instagram sono apparso come allucinazioni_e_scarti (a fare che, ancora, non so: forse casini con le immagini).

L’altro ieri invece, insieme a Carlo De Sanctis, c’è stato lo Spargimento di Spore a Tivoli: le Spore hanno raggiunto così la loro forma più naturale, nello spazio, nella probabilità.
Qui per un’approfondimento su Spore, qui per leggerne alcune (insieme ad altri testi poetici), qui per altre performance/happening.

Programma per una complicazione cronica dell’esistente. Episodio 2 – Come sbarazzarsi di Chiara Ferragni e visto che ci siamo anche degli Uffizi

Fase uno. L’esplosione della didattica.
Partire da una constatazione obiettiva: c’è il docente e c’è il discente. La linea che li lega è unidirezionale: dal docente al discente. Valutare ora la palese non obiettività di questa constatazione. Esempio pratico: un museo esiste, dunque espone, dunque si propone docente. Quali canali segue l’attenzione del discente? Quale arma è abbastanza affilata per mozzare le interpretazioni y, z, k… in favore delle interpretazioni x(1), al più x(2)? Quale criterio d’interesse sovrappone la planimetria e i segnali verdi dell’uscita alla deambulazione?
Data per acquisita l’indimostrabilità teorica della didattica, misurarne le possibili finalità pratiche:
1) Avvicinare pubblico al museo. Dunque rendere il museo appetibile. Dunque trasformarsi in brand. Dunque vendere – rigorosamente all’uscita – cartoline, calendari, calzini col David di Michelangelo, lattine di Fanta. Se il budget consente, assumere prima un social media manager ganzo (tenere presente una possibile consulenza da parte della Treccani), dunque Chiara Ferragni. Trend Instagram alle stelle. Trend Twitter alle stelle. Della Venere di Botticelli si vede appena un capello: outfit discutibile.
2) Allontanare pubblico dal museo. Non è forse la democrazia la vittoria degli imbecilli? Non è forse l’orfismo l’unica concezione densa dell’arte? Licenziare, qualora assunto, il social media manager ganzo (Treccani potrebbe richiedere comunque il risarcimento della consulenza); disiscriversi da facebook. Ora Botticelli si vede tutto. Ora è salva l’arte dalla squalificazione. Ora certamente l’Accademia; e corridoi silenziosi.
Accertata l’impraticabilità di entrambe le soluzioni, passare alla fase due.

Fase due. Andy Warhol e altri profeti.
Guardare Essi Vivono di Carpenter (potrebbe non esserci su Netflix: in ogni caso, siate prudenti). Esistono i messaggi autentici? Non è forse il Colosseo una moneta da cinque centesimi? Cercare Monte Fuji su Google immagini: quello è il Monte Fuji, la sua riproducibilità tecnica. Non pervenute testimonianze oculari del Monte Fuji. Il Giappone è un’invenzione di Marco Polo.
Per ulteriore approfondimento e aderenza ai fatti recenti, passare al setaccio anche tutte le pubblicità in periodo Covid, le canzoni di Elisa, le t-shirt Infermieri-Superman e la rampante neo-industria estetica delle mascherine.
Assicurata la brandizzazione del cosmo, mescolare (potete aiutarvi con un frullatore a immersione) Chiara Ferragni, Fedez, gli Uffizi, i social network, Botticelli, tutti i manuali di Storia dell’arte moderna I, un telecomando. Ne verrà fuori una poltiglia di immagini serializzate con colori fluo del tutto non aderenti alla realtà.
Avete scoperto Andy Warhol.
Cambiate canale.
Obey.

Fase tre. L’abolizione dell’apprendimento.
Confrontare la didattica e gli influencer. Testarne eventuali sovrapposizioni, intersezioni, compatibilità epistemologiche, etiche e aziendali. Per concludere, incendiare alla base la cattedrale dell’apprendimento (non preoccupatevi, verrà comunque ricostruita molte volte nei prossimi secoli). Alcuni combustibili efficaci: l’autonomia del pensiero; la letteratura; il napalm.
Progettare un’archeologia che ricostruisca le componenti base delle macerie appena ottenute, quali: l’impossibilità dell’unidirezionale; la spendibilità social di ogni momento; il prezzo della Ferragni; il prezzo di Botticelli; il prezzo del tuo tempo; non meglio identificato materiale ligneo.
Sbarazzarsi di tutto secondo un ferreo rispetto della raccolta differenziata.
Per lasciare testimonianze ai posteri, filmare tutto in vista della prossima storia Instagram.