
Intervista rilasciata a Carlo De Sanctis per XL

Critica, scritture, mondo.
Trasferta bolognese: ieri è stato presentato Lo spettro visibile allo Spazio Letterario con Giorgia La Placa (la diretta si può recuperare qui), mentre oggi, per la città, sono state sparse Spore.
Giorno pieno. Innanzitutto oggi esce Spara Jurij – 4 Portare l’inquietudine per Pop-Cast. Le puntate precedenti si trovano qua.
Nei giorni scorsi, invece, a Monza è andato in onda Labirynthus, azione progettata dal Foa Boccaccio. In giro per Monza, quindi, opere d’arte e scritture, tra cui mie tre Spore. (Altre azioni con Spore qui, Spore pubblicate invece qui).
Infine, Neutopia pubblica la classifica dei migliori racconti del 2021, tra cui figura il mio Nuovissimo blob (che si può leggere qui). Altri racconti invece si trovano qua.
Un avvistamento dell’amico Tonino – una poesia-manifesto appesa al muro – mi offre il gancio per un appunto su Spore: Spore non è volantinaggio poetico (cosa dignitosissima e divertente, non mi si fraintenda, che tra l’altro ho fatto anche io qualche anno fa), ma qualcosa che ha a che fare con l’alterazione, la manomissione.
La poesia-manifesto gioca sull’impatto: dove non ti aspetti la poesia ne trovi una, e funziona proprio perché si mostra e si fa leggere. Le Spore invece sono foglietti chiusi e infilati nella spaccatura degli intonaci, nelle grondaie, negli infissi: giocano quindi sulla presenza non vista, una poesia fuori posto che entra però nel tessuto della microarchitettura e funziona proprio in quanto non manifesta, non necessariamente letta (e i testi che contengono sono per giunta molto strambi, lasciano il lettore perplesso).
Questo implica che un buon 70-80% delle Spore marcirà senza essere mai letto.
Si apre così un discorso sulla testualità effimera accanto a quello sull’ipertrofia linguistica. Partendo proprio da testi già esistenti (le Spore sono in gran parte commistioni di stralci di libri, programmi TV, post social, cartelli stradali, giornali, ecc.), l’obbiettivo non è l’impatto patente ma la costruzione di un ambiente che silenziosamente sproloquia, di un linguaggio-cosa che altera di un millimetro appena l’identità e la storia di una città.
Ieri ho effettuato il terzo Spargimento di Spore, stavolta a Cirò Marina (KR). Contemporaneamente, su Il cucchiaio nell’orecchio è uscita la Spora n. 48.
Altri casini (performance) sono documentati qui, mentre altre poesie possono leggersi qui.
È uscito il nuovo numero di Neutopia, Cancellature. Compare al suo interno la mia poesia modalità reale, e il QR code per accedere alla sua versione video.
Nel frattempo, su Il cucchiaio nell’orecchio le Spore 62 e 60 e negli USA, su Word For/Word, il Manifesto del liminalismo preceduto da una introduzione di Francesco Aprile.
Altre poesie e Spore si possono leggere qui, altri casini liminalisti e video qui.
Il 16 è stata inaugurata ad Atri la mostra mai successo prima di Andrea Astolfi. Ho curato con piacere uno dei due testi di presentazione, Colore, sincretismo e novità negli asemic haiku di Andrea Astolfi, presente alla mostra e nel rispettivo catalogo.
Altri pezzi di crtica (anche uno su kireji, sempre di Astolfi) si trovano qui.
Il 19 ho invece effettuato una seconda installazione di Spore, a Viareggio, dopo lo Spargimento di Tivoli.
Altre performance e scritture “strane” qui.
Due cose successe ieri: su lay0ut magazine, è uscito il mio articolo (matto e disperatissimo) Lirica e ricerca. Appunti per una teoria del tutto poetico (per altri articoli di critica e teoria, vedi qui); sull’Instagram sono apparso come allucinazioni_e_scarti (a fare che, ancora, non so: forse casini con le immagini).
L’altro ieri invece, insieme a Carlo De Sanctis, c’è stato lo Spargimento di Spore a Tivoli: le Spore hanno raggiunto così la loro forma più naturale, nello spazio, nella probabilità.
Qui per un’approfondimento su Spore, qui per leggerne alcune (insieme ad altri testi poetici), qui per altre performance/happening.
Il punto di partenza di Spore è l’idea che il linguaggio possa rendersi radioattivo e che la scrittura sia l’intercettazione delle radiazioni, delle interferenze tra il linguaggio e la realtà. La radioattività del linguaggio si presenta quando la parola è sottoposta a un’alterazione, e dunque in primis quando viene sottratta al suo compito di trasmissione di un messaggio: eliminato, o comunque manomesso, il suo compito funzionale, il linguaggio si destabilizza e sprigiona energia.
Per questo la prima forma di Spore – che nel titolo omaggia anche vecchi rumorismi dei Marlene Kuntz – è quella di piccoli oggetti linguistici (senza titolo e numerati) che raccolgono il linguaggio in uno stato isotopico instabile. Se ne possono leggere esempi su Il cucchiaio nell’orecchio o utsanga. Si tratta di ready made, citazioni, manipolazioni di appunti, cut-up, nonsense, testi scritti col suggeritore automatico, improvvisazioni, errori, rifacimenti, combinazioni aleatorie: intercettazioni, insomma, della sfera linguistica in cui siamo immersi, che non hanno lo scopo di de-scrivere né quello di asserire ma solo quello di esporre la pagina a un flusso di energia. Tale flusso ha una natura quantistica ed è indissolubilmente legato al meccanismo che lo coglie: la verbosfera – che è urbana, massmediale, sociale, ma anche cogitale, inconscia, combinatoria – rilascia continuamente, al pari di una felce, delle Spore; occorre però l’intercettazione affinché queste si rivelino nella loro fertilità e agitazione e non soccombano al non detto, al non intercettato in cui la gran parte della verbosfera si riversa.
Tuttavia, dato che la radiazione/fertilità del linguaggio instabile non si esaurisce con il raccoglimento sul foglio (non si stabilizza), e dato anche che l’operazione riguarda il linguaggio colto in divenire e in trasmutazione, Spore raggiunge successivamente anche un secondo stadio. Gli oggetti linguistici divengono oggetti materiali, e trascritte su rettangoli cartacei le Spore vengono nuovamente diffuse nell’ambiente. L’installazione riguarda di volta in volta una città o paese, nei cui interstizi (architettonici, geologici, interpersonali) vengono posizionate delle Spore, scelte in maniera del tutto casuale. A chi ne coglierà una, l’occasione di un non-messaggio aleatorio, di un evento inatteso, di un’alterazione, di un out of place artifact.
Spore, insomma, prima raccoglie il linguaggio nella sua inclinazione e radioattività, poi lo restituisce a un ambiente come corpo estraneo, come innesto fertile. Si evolve e fa evolvere. Lavora sulla non neutralità della parola, sulla realtà spazio-temporale della scrittura e sulla manomissione del previsto.
Ieri su Il cucchiaio nell’orecchio la Spora n. 43.
Altre poesie (e Spore) si trovano qui.