Tanta roba sul nuovo numero di utsanga

È uscito il numero nuovo di utsanga, come al solito ricchissimo. Miei contributi sono: l’opera asemica su pietra Nuovo Stellario; la prima puntata di Patch panel, rubrica che curerò appunto su utsanga; un video in cui parlo di liminalismo; il testo scritto per la mostra di Andrea Astolfi ad Atri lo scorso luglio.

Altri esperimenti pazzi si trovano qui, videodiscorsi qui, critica qui.

Spore: poesia diffusa

Il punto di partenza di Spore è l’idea che il linguaggio possa rendersi radioattivo e che la scrittura sia l’intercettazione delle radiazioni, delle interferenze tra il linguaggio e la realtà. La radioattività del linguaggio si presenta quando la parola è sottoposta a un’alterazione, e dunque in primis quando viene sottratta al suo compito di trasmissione di un messaggio: eliminato, o comunque manomesso, il suo compito funzionale, il linguaggio si destabilizza e sprigiona energia.

Per questo la prima forma di Spore – che nel titolo omaggia anche vecchi rumorismi dei Marlene Kuntz – è quella di piccoli oggetti linguistici (senza titolo e numerati) che raccolgono il linguaggio in uno stato isotopico instabile. Se ne possono leggere esempi su Il cucchiaio nell’orecchio o utsanga. Si tratta di ready made, citazioni, manipolazioni di appunti, cut-up, nonsense, testi scritti col suggeritore automatico, improvvisazioni, errori, rifacimenti, combinazioni aleatorie: intercettazioni, insomma, della sfera linguistica in cui siamo immersi, che non hanno lo scopo di de-scrivere né quello di asserire ma solo quello di esporre la pagina a un flusso di energia. Tale flusso ha una natura quantistica ed è indissolubilmente legato al meccanismo che lo coglie: la verbosfera – che è urbana, massmediale, sociale, ma anche cogitale, inconscia, combinatoria – rilascia continuamente, al pari di una felce, delle Spore; occorre però l’intercettazione affinché queste si rivelino nella loro fertilità e agitazione e non soccombano al non detto, al non intercettato in cui la gran parte della verbosfera si riversa.

Tuttavia, dato che la radiazione/fertilità del linguaggio instabile non si esaurisce con il raccoglimento sul foglio (non si stabilizza), e dato anche che l’operazione riguarda il linguaggio colto in divenire e in trasmutazione, Spore raggiunge successivamente anche un secondo stadio. Gli oggetti linguistici divengono oggetti materiali, e trascritte su rettangoli cartacei le Spore vengono nuovamente diffuse nell’ambiente. L’installazione riguarda di volta in volta una città o paese, nei cui interstizi (architettonici, geologici, interpersonali) vengono posizionate delle Spore, scelte in maniera del tutto casuale. A chi ne coglierà una, l’occasione di un non-messaggio aleatorio, di un evento inatteso, di un’alterazione, di un out of place artifact.

Spore, insomma, prima raccoglie il linguaggio nella sua inclinazione e radioattività, poi lo restituisce a un ambiente come corpo estraneo, come innesto fertile. Si evolve e fa evolvere. Lavora sulla non neutralità della parola, sulla realtà spazio-temporale della scrittura e sulla manomissione del previsto.

Tripla uscita su utsanga: liminalismo e teatri virali

Nell’ultimo numero di utsanga, si battezza il progetto collettivo che avvio insieme a Francesco Aprile, Andrea Astolfi, Cristiano Caggiula e Gianluca Garrapa.

Come prima tappa, una sessione di scrittura eversiva simultanea. Se ne possono vedere tracce video qui e un manifesto di estratti qui.

A margine, come contributo individuale al numero, compare anche il terzo episodio del mio Programma Per Una Complicazione Cronica Dell’Esistente. Si può leggere qui.